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L’innovazione di processo non genera bonus ricerca e sviluppo

Con la risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019, l’Agenzia Entrate è tornata sul tema del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013, affrontando l’aspetto della corretta individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione.

La Risoluzione, in linea con il parere tecnico di competenza del ministero dello Sviluppo economico, precisa che un progetto d’investimento avente a oggetto attività ascrivibili in senso ampio alla gestione applicativa di un software non rientra tra le attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti dell’applicazione del credito d’imposta, in quanto, pur potendo presentare varianti rispetto alle alternative già esistenti sul mercato, si basa, comunque, sull’utilizzo di strumenti e tecnologie già ampiamente diffuse anche nello stesso settore in cui opera l’impresa.

Non sono quindi mai agevolabili le attività che, pur rappresentando investimenti innovativi, funzionali, se non necessari, per l’efficientamento dei processi di produzione dei servizi dalla stessa realizzati, si sostanziano nell’applicazione di moderne tecnologie già note e già introdotte anche nel settore di appartenenza e si ricollegano, in senso ampio, alla “digitalizzazione” dei processi di produzione. Tali investimenti sono più propriamente inquadrabili nella categoria “innovazione di processo” e, in quanto tali, non sono agevolabili agli effetti della disciplina del credito di imposta.

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