Il Decreto Rilancio, all’art. 45, modifica l’art. 127-sexies del Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 58/1998), permettendo alle società con azioni quotate in mercati regolamentati di emettere azioni con voto plurimo, che in precedenza erano vietate in deroga all’art. 2351 c.4 del codice civile.
Tuttavia rispetto alla disciplina civilistica il nuovo articolo impone di rispettare i limiti previsti dall’art. 127-quinquies del TUF per quanto riguarda la maggiorazione del voto in dipendenza del possesso delle azioni in capo al medesimo soggetto o di altre condizioni non meramente potestative riguardanti il titolare delle azioni.
Ferme restando le disposizioni degli artt. 2376 (assemblee speciali), 2437 (diritto di recesso) e 2373 (conflitto di interessi) del codice civile, la deliberazione dell’assemblea per introdurre le azioni a voto plurimo è validamente approvata con le maggioranze previste dal codice civile, a meno che non via sia il voto contrario della maggioranza dei soci presenti in assemblea diversi dal socio che detengono, anche congiuntamente, la maggioranza relativa. Essi però devono rappresentare almeno il 10% del capitale sociale avente diritto di voto.
Queste disposizioni si applicano anche quando l’emissione di azioni a voto plurimo consegua, direttamente o indirettamente (anche tramite fusione o scissione) a un’operazione di trasferimento della sede sociale all’estero.